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Coronavirus: house working, un punto di non ritorno?

Il Coronavirus ha fatto attuare dei provvedimenti sensazionali per i lavoratori e per la società civile. Ma è una bomba esplosa senza detonatore? Il mio punto di vista su questa vicenda e sull’house working è legata ad un articolo dell’ANSA che ho letto pochi giorni fa, per cui sembrerebbe che il Social network Twitter incoraggi il telelavoro e tutti i suoi dipendenti a lavorare da casa se sono in grado di farlo. .

Con il coronavirus, Twitter incoraggia quindi il telelavoro?

Per coloro con sede a Hong Kong, Giappone e Corea è obbligatorio. Ma anche in Italia il Governo ha appena deciso per la chiusura delle scuole di ogni ordine, comprese le università, come metodo aggiuntivo per proteggerci dal Coronavirus. Qual è il risvolto immediato di questo provvedimento? In cosa consiste l’house working di cui sentiamo parlare ormai da giorni?

Twitter incoraggia tutti i suoi dipendenti a lavorare da casa se sono in grado di farlo in ottica di abbassare i rischi di contagio da Coronavirus. In un post sul blog del social , infatti, la compagnia spiega che l’obiettivo è “abbassare la probabilità di diffusione del Coronavirus per i dipendenti e per il mondo in torno a noi”.
La decisione, scrive Twitter, è presa in eccesso di cautela nei confronti della diffusione del Coronavirus.

L’Italia e il Coronavirus

E in Italia invece? In che modo si può usufruire del telelavoro? In che modo il Governo ha pensato ad un piano di cautela nei confronti dell’emergenza e di garanzia per i lavoratori?

Noi che per professione ci occupiamo dei social network, conosciamo già le dinamiche del lavoro in remoto, sia per logistica che per la necessità di garantire le estemporanee. Spesso, infatti, ci troviamo nelle condizioni di poter lavorare non solo necessariamente da un posto specifico ma piuttosto in fasce orarie a volte elastiche.

Ma questo panico globale sul Coronavirus a cosa porterà? È stato diffuso il provvedimento per cui, fino alla metà del mese, scuole e università saranno chiuse, e probabilmente anche tutti i cinema e i teatri.
L’ house working  è ovviamente, in un caso come questo, utile e fondamentale per continuare, in modo accettabile, la propria quotidianità lavorativa.

E se questo processo durasse mesi, piuttosto che solo 15 giorni? In che modo le aziende prenderanno in considerazione l’idea che l’house working, in realtà, è un punto di forza piuttosto che di debolezza?

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